Cenni storici: |
Faicchio è un suggestivo
centro agricolo del massiccio del Matese sito in bella posizione
scenografica, alle pendici meridionali del Monte Monaco di Gioia (m. 1332).
Molti reperti, attualmente conservati nel Museo del Sannio di Benevento,
confermano la presenza di primi insediamenti umani nella zona a partire dal
periodo Neolitico. L’origine del paese resta comunque avvolta nel mistero ed
a quanto sembra la fondazione attribuita a Fabio Massimo, il
temporeggiatore, è senza alcun fondamento storico. Con molta probabilità,
invece, la città esisteva in epoche anteriori a quella del romano Fabio. I
Sanniti scelsero per il loro accampamento l’Arce di Monte Acero in quanto
sito strategico per la difesa ed il controllo dell’intera Valle Telesina.
Ivi questi popoli si dedicarono al lavoro dei campi ed alla costruzione di
fortificazioni per la protezione dagli attacchi nemici. Durante il periodo
romano Faicchio fu campo di battaglia di molti scontri e tra i più
importanti va ricordato quello svoltosi nel 308 a.C., tra Massa e
Fontanavecchia, ricordato anche dallo stesso Tito Livio e conclusosi con la
sconfitta e la cacciata dei Sanniti. Nel 216 a.C. (seconda guerra punica),
Faicchio giocò un ruolo decisivo in un’importante manovra organizzata da
Annibale per conquistare l’intera pianura campana. Questi, per evitare lo
scontro con il forte esercito di Quinto Fabio Massimo, aggirò l’Eribiano
(attuale Monte Erbano, tra Faicchio e San Lorenzello), poi attraversò le
strette gole del medio- alto Titerno ed infine fiancheggiò il Monte Acero.
Dopo la confederazione Sannita ed al termine delle guerre puniche, Faicchio
venne inglobata nei territori della colonia telesina, a quel tempo
fortemente in espansione. Nei secoli successivi alla caduta dell’Impero
Romano, il centro abitato si espanse sempre più intorno al Castello (simbolo
della vita feudale) dove la gente si rifugiava in caso di guerre, epidemie o
carestie.
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Illustrazione del sito: |
L'Arce di Monte
Acero, sita a 736 m di quota, con la cinta fortificata delle mura
megalitiche (VI sec. a. C.), è stata definita dagli studiosi uno dei più
importanti esempi dell'architettura militare sannitica. Essa, infatti,
insieme a quelle di Piedimonte Matese e di Sepino,costituisce la più
singolare opera difensiva dell'antico Sannio. Per la sua posizione, è un
ottimo punto panoramico per godere la vista dell'intera valle Telesina. I
ruderi rimasti sono in parte coperti da vegetazione e sistemati a varie
altezze, secondo i piani naturali del taglio del banco di roccia calcarea.
Sulla sommità del Monte, si rileva un
circuito murario lungo un perimetro irregolarmente quadrangolare, con mura
costituite da grossi blocchi poligonali tendenti al rettangolare, cavati dal
calcare stratificato del monte secondo i naturali punti di rottura: gli
interstizi sono riempiti di pietrame minuto. La cinta, databile al IV secolo
a. C., ha un perimetro di circa 3 km con un'altezza media del muro di m
3,50. Una porta si trova in un saliente sul lato meridionale, in direzione
di Telesia, mentre una seconda porta è ubicata nel punto più basso della
cresta, tra le due cime del monte. Si tratta di una tipica fortificazione
apicale sannita che domina il medio corso del Volturno e la bassa valle del
Calore, controllando in antico l’importante via di comunicazione che
congiungeva Allifae a Beneventum, passando per Telesia.
Tratti di mura in opera poligonale si
rilevano intorno al convento di S. Pasquale, che domina, dalla collina Monte
Monaco di Gioia, l'abitato odierno di Faicchio. Si tratta di mura pertinenti
una cinta difensiva, con una sola porta di accesso, collocabile
cronologicamente in epoca sannitica. Il tratto a sud è quello meglio
conservato della fortificazione e si trova a m 50 a valle del monastero: i
blocchi sono di grandezza diversa, con le facce abbastanza levigate;
l'altezza del muro giunge fino ai m 3,50. Il muro è stato utilizzato,
all'epoca della costruzione del monastero, come sentiero che, ancora oggi,
sale ripido dal paese. Altri tratti meno ben conservati si trovano lungo il
valloncello ad ovest e in scarpata ad est del recinto del vasto giardino del
convento. La cinta doveva essere di forma rozzamente triangolare e
raggiungeva, verso l'alto, uno spuntone della cresta che corre verso la
montagna. |