Torna alla pagina precedente

SCHEDA INFORMATIVA A CURA DI ARCHEMAIL

Comune: MADDALONI (Ce)
Sito archeologico: Abitato romano di Calatia
Ubicazione: Lungo la strada per San Nicola La Strada
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Napoli e Caserta
Modalità di visita: Liberamente visibile
Cenni storici:

Adagiato alle pendici dei Monti Tifatini il territorio di Maddaloni, di antica formazione geologica, fu abitato probabilmente già in epoca preistorica. Secondo alcuni studiosi, infatti, la zona sarebbe stata frequentata a partire dall’età del rame. Tracce relative a quel periodo sarebbero alcuni frammenti di ceramica a “scaglie”, risalenti alla civiltà del Gaudo e collegati ad un probabile insediamento sul pianoro alle spalle del Castelluccio. Le teorie sull’origine dell’abitato di Maddaloni sono diverse e controverse. Un dato comune a tutte è quello per cui la sua storia agli inizi sia stata influenzata dalle vicende dell’antica città di Calatia o Galazia, sita a poche miglia di distanza, lungo l’attuale Via Appia nel tratto Maddaloni- S. Nicola la Strada. Per vario tempo gli studiosi furono concordi nel ritenere la fondazione di Maddaloni opera dei profughi di Calatia mentre, allo stato attuale, si ritiene più probabile la teoria per cui essi, messi in fuga dalle devastazioni saracene, si sarebbero rifugiati nell’adiacente villaggio di Mataluni. I due abitati, quindi, sarebbero stati coesistenti. Il destino di Calatia fu, per buona parte, legato a quello della vicina e più importante Capua. Caduta in mano ai Sanniti nel 318 a.C., fu occupata dal console Caio Giulio Bubulco e quindi conquistata dai Romani nel 309 a.C. Durante la seconda guerra punica sostenne inizialmente Annibale, ma nel 211 a.C., si assoggettò nuovamente e definitivamente a Roma. Con la distruzione operata dai Saraceni nel 862, come si è già detto, parte dei fuggiaschi probabilmente andò ad incrementare la popolazione della vicina Maddaloni, situata sulle prime balze collinari. Tale insediamento da piccolo borgo quale era ebbe, di conseguenza, un rapido sviluppo. Il ricordo di Calatia oggi rivive grazie agli scavi archeologici condotti sul sito dell’antica città che hanno messo in luce oggetti risalenti fino al sec. VIII a. C. ed, in particolare, corredi funerari provenienti dalla ricca e interessante necropoli. Attualmente molti di questi reperti sono conservati nel Museo Civico. Il toponimo del vicino borgo di Maddaloni è citato, per prima volta in un diploma del principe beneventano Arechi II, dell’anno 774, in cui si fa menzione di una grangia, dedicata a San Martino: “quae in Mataluni sita est”. La formazione del paese in quel periodo è da mettere in relazione alle scorrerie dei vari popoli che devastarono la piana, dai Goti ai Vandali fino ai Longobardi e i Saraceni. In particolare per la sua posizione strategica, tra Capua e Benevento, il borgo suscitò l’interesse dei Longobardi, popolo che esercitò un grande influsso sulla città. Difatti sono risalenti all’età altomedievale alcune opere edilizie tra cui quelle sull’eremo di S. Michele sia il “Castelluccio” (la torre più piccola). Probabilmente risale a tale periodo anche la formazione del Castello di Maddaloni, malgrado delle sue strutture longobarde non si siano riscontrate tracce e scarsi sono, in generale, i documenti relativi a quest’epoca. Maggiori sono invece le informazioni relative al periodo normanno al quale si fa risalire la sua effettiva edificazione. Il Castello sorse in un posto strategico a guardia della Via Appia per Benevento e a controllo anche dell’accesso alla valle Caudina, dominante ampia parte della pianura tra Nola e Capua. Esso fu un elemento fondamentale per la storia della città e spesso al centro di importanti eventi in quanto rappresentò un luogo strategico per la conquista del ducato di Napoli da parte di Ruggero II. Pertanto fu proprio quest’ultimo a rendersi artefice della fortificazione del borgo che le fonti documentarie del tempo ricordano come castrum Kalato Maddala, castrum Magdalonis. Nel 1135, fu fortificato dal cancelliere Guarino e da Giovanni Admiratus e nel corso del XII secolo mantenne un ruolo di notevole importanza, cosa che è testimoniata anche dai numerosi documenti di archivio tra i quali le pergamene Verginiane da cui è possibile trarre preziose informazioni sulle fortificazioni e sull’organizzazione militare e territoriale. Altro importante documento è il Catalogus Baronum da cui si ha notizia di diversi feudi e fedautari nel territorio attuale di Maddaloni.. Un’altra testimonianza dell’epoca normanna è, infine, fornita da un documento del 1171 che testimonia il ruolo di Maddaloni come sede della corte di Giustizia nell’ambito di una vertenza intercorsa tra il vescovo con i cittadini di Teano e i cittadini Sessani, relativamente ad un corso d’acqua. La sentenza fu pronunciata da Roberto di Caserta ed emessa a favore dei Sessani negando ai Teanesi, Iure Longobardum, la prova del duello che essi avevano richiesto. Anche con gli Svevi Maddaloni accentuò il suo aspetto di terra fortificata. Nel tempo la cittadina conobbe anche un discreto sviluppo economico - sociale e fu sede di pubblici ufficiali, di buone maestranze e di attive congregazioni laicali.

Illustrazione del sito: L'origine dell'antica città di Calatia non è riferibile a tempi determinati con esattezza ma i reperti individuati ne testimoniano l'esistenza come centro abitato fin dall'VIII secolo. Il destino di Calatia fu, per buona parte, legato a quello della vicina e più importante Capua ed influenzò, a sua volta, la storia di Maddaloni. Nei secoli più remoti essa fu abitata da Opici, Osci, Etruschi poi, nel 318 a.C., cadde in mano ai Sanniti , fu occupata dal console Caio Giulio Bubulco e quindi conquistata dai Romani nel 309 a.C. Durante la seconda guerra punica la città sostenne inizialmente Annibale ma, nel 211 a.C., si assoggettò nuovamente e definitivamente a Roma. L'anno successivo vi furono trasferiti gli abitanti di Atella. Nel 59 a.C. Cesare vi dedusse una colonia. Interessata dal fenomeno delle invasioni barbariche, fu abbandonata a seguito della distruzione operata dai Saraceni nell' 862, cosicché parte dei fuggiaschi andò ad incrementare la popolazione della vicina Maddaloni, situata sulle prime balze collinari, decretando la fine della più antica città. Il ricordo di Calatia, affidato fino a qualche tempo fa solo alla toponomastica di alcuni luoghi come San Giacomo delle Gallazze o Villa Galazia, oggi rivive pienamente grazie agli scavi archeologici condotti sul sito antico. Lo studio di questo territorio fu affrontato in maniera scientifica per la prima volta da Giacinto De Sivo nella seconda metà del XIX secolo mentre continuavano ad effettuarsi rinvenimenti casuali. Nel 1880, ad esempio, fu rinvenuto il sepolcro della piazza dell'Unione. Pochi anni più tardi fu l'archeologo Antonio Sogliano ad abbracciare la causa di Calatia attraverso la stesura di una relazione che esortava all' intervento in suo favore ma che rimase, però, senza seguito. Negli anni 1913 e 1935 furono effettuati dei ritrovamenti occasionali su cui relazionò il grande archeologo Amedeo Maiuri mentre nel 1965, in occasione dei lavori per la costruzione di un metanodotto da parte dell'Agip, non informata sull'importanza archeologica della zona, vennero alla luce alcuni resti murari che andarono purtroppo distrutti. Da quel momento in poi il territorio fu sottoposto a serie campagne archeologiche: nel 1967 con le indagini compiute dallo svedese Paul Astrom si riuscirono ad individuare le mura e l'estensione di Calatia; successivamente furono compiuti saggi di scavo da Jowannosky e Livadie. Nuove iniziative sono state intraprese dal 1997 con la messa a punto da parte della Soprintendenza archeologica di Napoli e Caserta, del Comune di Maddaloni e della Seconda Università degli Studi di Napoli, di un progetto di ricerca e di nuove campagne di scavo. Il prodotto di tutto questo lavoro consiste essenzialmente nella raccolta di reperti conservati al Museo Civico oltre che nei resti visibili in situ. Questi ultimi sono ubicati nell'area pianeggiante a ridosso del confine occidentale dell'attuale Maddaloni. L'area della città di Calatia si sviluppa lungo il tracciato dell'antica via Appia, asse principale di collegamento tra Roma e il Sud. Difatti , in corrispondenza dell'area compresa tra S. Nicola la Strada e S. Maria a Vico, la strada deviava il suo andamento rettilineo per un tratto di circa 500 metri entrando nella città e costituendone l'asse principale in base al quale si sviluppava il tracciato urbano. L’intera città è inquadrata a N tra il decumano della centuriazione, identificato a S di Recale e quello di San Marco Evangelista e Capodrise a S. Nell’altra direzione il cardo che scende da località Saudina a N a località Cupa e Toppone a S rispetta l’area urbana e l’asse devia in direzione NE e SE, poco prima di entrare in città. L'estensione della città è di circa 15 ettari. Essa era racchiusa da mura di cui sono visibili alcuni tratti tra cui i più significativi quelli situati presso la porta occidentale, realizzati in opera incerta, in qualche punto poggiante su filari di blocchi di tufo, e preceduti da un avvallamento che fu probabilmente un antico fossato. Questa parte superstite delle mura, denominata "i Torrioni", ha una estensione di circa 35 metri scandita da contrafforti ogni sei metri ed é databile al III-II secolo a. C. Un altro settore delle mura, quello meridionale, é stato individuato solo come struttura di fondazione ma ha fornito utili indicazioni su una serie di interventi successivi di adeguamento delle opere difensive. Insieme ad esso sono state riscontrate una strada suburbana che si sviluppava lungo le mura e le tracce di un fossato successivamente colmato e annullato. Relativamente alle singole opere edili, i resti più consistenti riguardano senza dubbio le necropoli di cui sono pervenute testimonianze relativamente a tutte le fasi storiche dall'VIII secolo a.C. all'età romana. Più scarsi i resti che si riferiscono all'abitato. Risalenti ai primi insediamenti sono alcune tracce rinvenute e riconosciute come probabili parti di capanne. Più significativi sono i resti di una domus, visibile a nord della via appia e ristrutturata in epoca tardo-repubblicana, di cui sono stati individuati alcuni ambienti specifici: una stanza di servizio, forse una cucina, una corte scoperta con una vasca ed un pozzo, alcuni ambienti di rappresentanza con, ancora conservati, i pregiati pavimenti a mosaico. Una testimonianza di edilizia pubblica é invece costituita da un edificio monumentale di fondazione ellenistica non ancora completamente portato alla luce. Fin dai tempi più antichi la città era stata dotata di ben due necropoli poste rispettivamente a NE e a SO. Le prime tracce delle necropoli furono rilevate ad ovest dell'antico abitato con il rinvenimento di tombe, per lo più a cassa, nell'area di confine tra gli attuali comuni di Maddaloni e San Nicola la Strada. Durante i successivi lavori eseguiti negli anni Settanta furono ritrovate, nella stessa zona, circa centodieci tombe risalenti alla fine del VIII secolo. Il ritrovamento di ulteriori duecentonovanta tombe nella necropoli SE ha, poi, consentito la copertura di tutto l'arco temporale di vita della città. Ancora successiva é l'identificazione dell'altra area cimiteriale, posta a NE in cui sono state ritrovate quattrocentoquarantanove tombe databili a partire dal VII secolo a.C. Inoltre, si è indagata un’arteria NS con pianciti stradali realizzati in terra battuta contenuti da spallette in blocchi squadrati di tufo. La successione delle pavimentazioni stradali ha permesso di costruire una cronologia relativa degli interventi a partire dalla fine del IV secolo a.C. fino a epoca imperiale avanzata con una profonda ristrutturazione repubblicana forse da collegare agli eventi traumatici vissuti dalla città dopo le guerre annibaliche. Infine, i più recenti interventi hanno riguardato lo scoprimento dell'area posta a sud della via Appia, corrispondente alla necropoli SO di Calatia. Tali ultimi studi hanno dato in contributo alla conoscenza delle modalità di sepoltura ed hanno consentito di fare alcune osservazioni, ad esempio, sulla progressiva scomparsa delle tombe del tipo con copertura a ciottoli man mano che ci si avvicina alla città a favore di quelle più recenti a cassa di tufo o a fossa. In generale, quindi si é notato un graduale avvicinamento alla città nel tempo ed anche il verificarsi delle difformità nell'orientamento di alcune tombe, specie quelle di età imperiale, rispetto a quello generale. A tal proposito si é addirittura rilevato il caso di tombe a cassa di tufo che tagliano, sottoposte, quelle a ciottoli. E' il caso di ricordare che tutti i ritrovamenti di strutture funerarie sono avvenuti congiuntamente alla messa in luce di interessantissimi corredi funerari. Per tali beni mobili, relativamente più semplici da salvaguardare e da rendere al beneficio pubblico, é già stato possibile intraprendere iniziative finalizzate alla loro fruizione. Non così per l'area di Calatia intesa come "parco archeologico" che é, allo stato attuale, ancora in via di definizione e quindi non ancora pronta per svolgere appieno quella sua funzione didattico-culturale che le é propria e per la quale occorrerà lavorare tenendo sempre presente la finalità principale della sua conservazione.

Nel 1929 venne rinvenuto un cippo sotto l'attuale livello stradale di via N. Bixio. Questa "pietra errante" fu reimpiegata e murata nelle strutture del campanile della chiesa di San Martino (una delle chiese più antiche di Maddaloni, citata da Arechi, principe di Benevento in un documento del 774), quasi nello stesso posto del ritrovamento. La lapide è in travertino; misura cm. 175 di altezza, cm. 85 di larghezza e cm. 70 di spessore. La scrittura del testo, probabilmente dettata dal committente, risulta molto consunta e di difficile interpretazione. I caratteri dell'iscrizione si possono datare al II - III sec. d.C.. Nel testo si parla di un Q. Virius Stratonicus, probabilmente un liberto della gens Viria. La gens Viria era molto diffusa in Campania fin dall'età preromana ed era una delle famiglie più nobili. Nelle iscrizioni osche infatti, troviamo un meddix tuticus (supremo magistrato) appartenente a questa gens. Tito Livio nelle sue Historiae parla di un Vibius Virrius che istigò i Campani alla rivolta contro Roma nel 216 a.C. e poi si diede la morte nel 211. Nell'età imperiale troviamo un Virius Gallus corrector Campaniae (governatore della Campania) e tre consoli: Virius Audentius Aemilianus, Virius Turbo e Virius Vibius.

La Chiesa di San Benedetto, costruita fuori le mura del Castello, fu edificata ,forse, da S. Benedetto o da un suo discepolo. La chiesa, a tre navate, presenta un abside con un ciclo di affreschi databili dall’XIV –XV. All’interno colonne romane (elementi di spoglio provenienti dall’agro Calatino); all' esterno una statua di età romana.

In località Boscorotto nel 1987 durante i lavori dello scalo merci Maddaloni-Marcianise vennero rinvenuti i resti di una villa extraurbana ricadente nel territorio dell'antica città di Suessula. L'impianto principale è di età medio-repubblicana, la struttura sembra aver avuto varie modifiche nel tempo, dovute sia a variazioni di destinazione d'uso, sia a problemi di carattere ambientale. La villa, di cui sono chiari i limiti ovest ed est, aveva uno sviluppo rettangolare in direzione nord- sud. La presenza di falde acquifere superficiali riscontrabile anche attualmente, ha verosimilmente causato l'innalzamento di circa 50 cm delle strutture, rispetto all'impianto originario. La parte della villa attualmente visibile era inizialmente destinata ad abitazione: di questa prima fase sono visibili le strutture indicate in giallo sulla pianta. Si riconosce il peristilio, intorno al quale, a sud e ad est, si sono conservati gli ambienti di servizio. Gli ambienti ad ovest si affacciano su un ampio portico, secondo uno schema ricorrente nelle ville del I sec. a.C. È possibile identificare nell'ambiente centrale, suddiviso in un secondo momento, il triclinium. Rifacimenti si riscontrano nelle colonne del portico: quelle originarie, di tufi con ricorsi di laterizio, sono state in parte sostituite da colonne in reticolato da laterizi e mattoni.
In età tardo-imperiale l'area fu adibita a zona agricola.
Questo comportò la chiusura di alcuni vani con la trasformazione in vasche di buona parte degli ambienti, come indicato in rosa nella pianta. Anche il peristilio subì diverse trasformazioni: fu creato un accesso carrabile a sud, tagliando il muro in opera reticolata e il cortile fu lastricato con grossi blocchi di calcare, probabilmente provenienti dal vicino impianto urbano. Tale assetto rimase in funzione fino al VI sec. d.C., come indicano alcuni frammenti di sigillata africana D, con motivi impressi, rinvenuti nel corso dello scavo. L' area è stata oggetto di frequentazione fino all'età moderna.

Situazione attuale: Precaria

IMMAGINI DEL SITO

Torna alla pagina precedente

Non si assume alcuna responsabilità per eventuali difformità da quanto riportato in questa pagina