Cenni storici: |
Le prime frequentazioni
umane sul territorio di Mondragone risalgono all’età eneolitica com’è
testimoniato da un pugnale di selce rinvenuto a Ponte dell’Impiso, presso
San Mauro. Al V secolo a.C. risalirebbe invece, del materiale ritrovato in
località Pezza di Casa e all’età arcaica un grande santuario sito in
località Panetelle, presso la foce del Savone. L’origine di Mondragone è,
con qualche incertezza, da ricercarsi nella cultura greca con riferimento
all’antico insediamento di Sinope. Della matrice greca non esistono
documenti se non l’ipotesi di Livio al riguardo ed il ricordo del nome
mentre il recente affioramento di ruderi, avanzi di fortificazione in opus
quadratum, sarebbero una ulteriore testimonianza della presenza di civiltà
preromane. Intanto, si è fatta avanti anche l’ipotesi che l’area occupata
dalla città romana fosse parte della distrutta città di Vescia.
Successivamente sul luogo sorse una colonia marittima fondata ad opera dei
Romani nel 296 a.C., sul finire delle guerre sannitiche, che prese il nome
di Sinuessa. Insieme ad un’altra colonia, Minturnae, la città fu posta a
guardia dai possibili attacchi sanniti diventando uno dei maggiori porti
dell’esercito romano; in un primo momento, a causa della sua pericolosità,
essa non costituì un luogo di residenza molto ambito. Al contrario, molti
coloni romani si rifiutarono di abitarvi oppure vi stettero poco tempo
cosicché la colonia dovette inviare coloni volontari; più tardi, nel periodo
repubblicano, con il diminuire degli attacchi di sorpresa, la città divenne
sempre più popolosa. Coinvolta dalle guerre puniche, la città fu devastata
da Annibale nel 216 a.C. Nel 133 a.C. fu, invece, epicentro di una rivolta
di schiavi lavoratori delle terre conclusasi con l’arresto e la condanna a
morte di circa 4000 uomini. Molte le testimonianze scritte sulla città
antica: essa fu ricordata da Cicerone che vi possedeva una villa, mentre da
una lettera a questi indirizzata si deduce che Giulio Cesare vi soggiornò il
27 Marzo 49 a.C. di ritorno da Benevento e Capua. E’ inoltre noto che lo
stesso Cesare fosse solito festeggiare le proprie vittorie con i vini
prodotti nella città e specialmente con il Falerno, famosissimo e diffuso
sui mercati italici e mediterranei d’occidente. Di Sinuessa scrissero anche
Strabone, Virgilio, Plinio ed Orazio che, in viaggio per Brindisi, vi
soggiornò nel 174 a.C. incontrandovi Virgilio, Vario e Plozio. Livio,
invece, ne descrisse la desolazione dopo l’assalto dei cavalieri numidi,
popolazione dell’Africa settentrionale, guidato da Maarbale nel 217 a.C.
Nell’età imperiale vi fu insediata una seconda colonia ma, malgrado questo,
Sinuessa rimase comunque una città municipale ordinaria, l’ultimo centro del
Latium adiectum, quello posto più a meridione. Dal I secolo d. C. Sinuessa
accentuò il suo carattere di città richiesta per la sua amenità e con
spiccata vocazione commerciale. La sua fortuna fu destinata a crescere con
la realizzazione nell’anno 95 della Domitiana, collegamento stradale tra i
due porti principali della Regione, Sinuessa, per l’appunto e Puteoli. Essa
fu in tale periodo particolarmente famosa per le aquae sinuessanae,
frequentate da illustri personaggi tra cui Narcisso, potente liberto di
Claudio, nel 54 d.C. Nel 69 d.C., invece, il crudele prefetto del pretorio
di Nerone, Ofonio Tigellino, vi si suicidò. Altre sorgenti il cui
ritrovamento è ricordato da una iscrizione furono convogliate nella villa
del liberto imperiale Amemptus. Dall’epoca traianea iniziò la fase di
decadimento della città. Attraversata dalla generale crisi agricola
peninsulare, nel III e IV secolo fu interessata da un massiccio fenomeno di
spoliazione delle fabbriche per il riutilizzo dei materiali e,
contemporaneamente, diminuì la manutenzione degli edifici pubblici cosicché
dal V secolo essa andò lentamente scomparendo. Un fattore che favorì questo
fenomeno furono sicuramente le prime invasioni barbariche e le incursioni
arabe in seguito alle quali gli abitanti di Sinuessa abbandonarono le terre,
trasformatesi nel tempo in selve ed acquitrini, e si rifugiarono, un po’
alla volta, sul monte Petrino. La scomparsa di Sinuessa fu favorita in
seguito da un fenomeno di bradisismo provocato dalla natura vulcanica del
sottosuolo che, nel IX secolo, inghiottì molti resti dell’antica città. Tra
l’Ottocento ed il ed Mille la popolazione del Petrino fu sottoposta al
dominio dei Longobardi di Capua che si svolse con i primi governi dei conti
Landone, Paldone, Landolfo, Pandonolfo, Landone, Landonolfo fino a Pandolfo
principe. All’epoca di quest’ultimo e cioè tra il 959 ed il 981, il fenomeno
del bradisismo era già in atto; esso però risparmiò le famose terme
sinuessiane di cui gli stessi signori furono assidui frequentatori; tra essi
lo stesso Pandolfo di Capua e sua moglie, la principessa longobarda Aloara
che alle sorgenti termali si recò, per curarsi, nel 991. A quell’epoca i
tempi e le condizioni degli abitanti della rocca erano già migliorate specie
dopo la conversione al cattolicesimo dei Longobardi, cosicché i rapporti tra
padroni e dipendenti furono instaurati in un clima di pacifica fusione. I
sudditi, difatti, si adeguarono anche al sistema amministrativo dei
gastaldati e degli sculdasci con funzioni civili, giudiziarie e militari pur
se nel ritiro della propria chiusa vita rurale. I Longobardi detennero il
potere sulla Rocca dall’840 al 1058 circa ed a partire dall’879 esso si
svolse sotto i Gastaldi di Carinola. A partire dalla seconda metà del Mille
la Rocca del Petrino fu sotto il dominio dei Normanni, dopo che il conte di
Aversa, Riccardo I ebbe decretato la fine del precedente Principato. Fu tale
popolo a portare nell’Italia Meridionale il feudalesimo, fenomeno, ormai in
via di estinzione nel resto della Penisola. A Riccardo I successe Giordano I
e a questi Riccardo II dal nome della cui moglie, Rocca di Drogone o
Dragone, pare abbia preso origine il nome della città. I successivi signori
della Rocca furono Gionata, figlio di Riccardo II, Roberto I, Riccardo III,
Giordano II, Roberto II, Anfuso e Riccardo de Aquila. Proprio all’ultimo
periodo normanno è, intanto, ricondotta, l’origine del villaggio Cenito,
sorto a mezza costa del colle ed oggi ridotto a ruderi seminascosti dalla
vegetazione. Tale villaggio testimonierebbe di un bisogno degli abitanti
della Rocca di avvicinarsi alla piana, seppur in condizioni di
semiabbandono. L’attuale Mondragone sorse nel Medioevo con una
localizzazione poco distante dai luoghi di Sinuessa. |
Illustrazione del sito: |
Dell’antica Sinuessa, ubicata a 4
chilometri circa a nord dell’odierna Mondragone, si conservano pochi ruderi.
La città è ubicata in località S.Eufemia, tra la Masseria Santorocco a sud e
la Torre S.Limato a nord. Notevoli ne sono i resti delle mura del III secolo
a.C. costruite in opera pseudopoligonale molto accurata, alte circa due
metri e completate in alto forse con mattoni crudi, visibili per un lungo
tratto ai limiti del complesso edilizio Baia Azzurra. Della città romana si
conoscono inoltre da scarsi resti e da testimonianze epigrafiche
l’acquedotto, il complesso termale delle aquae Sinuessanae (località Bagnole)
note ancora per tutto il medioevo, il porto sommerso e l’anfiteatro. Di
quest’ultimo sembra ricostruibile l’area della cavea. Sul terreno sono
visibili strutture pertinenti ad uno dei vomitoria in laterizio site a sud
della Masseria Morrone. L’unica indagine di scavo effettuata
sistematicamente nella particella 103, a est della strada e di fronte alla
particella 36, ha consentito di individuare l’ingresso di una domus di cui
si vedono il vestibolo e parte di un ambiente laterale. Dell’ingresso rimane
la soglia con gli incassi per i cardini e la canaletta di scolo per le acque
piovane. Il rivestimento pavimentale a mosaico del vestibolo presenta due
fasi, la più antica delle quali con disegno a squame, la successiva in opera
a canestro, con inserti di calcare. Ad ovest del vestibolo è un pozzo aperto
in un piano di calpestio di terra battuta obliterato in antico con un
imponente scarico ceramico del I secolo a.C. L’elevato delle strutture è in
gran parte perduto, così come danneggiato è il pavimento dell’ambiente ad
est dell’ingresso, in opus signinum con disegno geometrico formato da file
di tessere di calcare bianco. La domus si inserisce in un isolato della
Sinuessa romana, di cui sono venuti alla luce anche i margini est. A circa
90 m è stato rilevato un tracciato stradale antico con basolato in calcare
di cui si sono evidenziati anche i due marciapiedi delimitati da pietre e
pavimentati con un semplice battuto di terra. Sotto i marciapiedi corre
l’impianto fognario realizzato sia in blocchi squadrati di tufo con volta a
conci messi in opera senza malta sia in laterizio.
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