Cenni storici: |
Le origini di Montecalvo
Irpino sono ascrivibili all’epoca medioevale malgrado il ritrovamenti
effettuati nel suo territorio che testimonierebbero di una frequentazione
relative ad epoche precedenti. I ritrovamenti effettuati risalirebbero
all’età romana: si tratta di una Villa rustica, dei resti di un ponte
costruito sul fiume Miscano lungo la via Appia Traianea, di un cippo miliare
rinvenuto nelle vicinanze, dal quale si è appreso che il ponte fu
ricostruito per volere e a spese di Traiano, nel 117 d. C., dopo la
distruzione operata dalla furia del Miscano. Ritrovati anche diversi reperti
mobili ed estese aree di frammenti fittili. Il sito non è esplicitamente
nominato nell’antichità ma lo è una sua parte, quella località Malvizza nota
per la presenza delle cosiddette “bolle” cioè piccole crateri che emanano
esalazioni mefitiche provocate da gas sotterranei. Difatti ne parlarono
Seneca e Plinio per i quali queste “aure pestifere” furono letali per gli
uccelli , che attraversavano a volo il sito, considerato di cattivo
auspicio. Pare che il ruolo assunto dal territorio di Montecalvo
nell’antichità fu quello di meta di riposo dei Romani che vi sostavano nei
trasferimenti, attraverso la via Traianea, verso Brindisi ed Otranto. Il
vero e proprio abitato di Montecalvo viene fatto risalire all’epoca
medievale e alla presenza delle popolazioni longobarde e normanne. Lo
stanziamento delle prime di esse, anche qui come in molti altri centri della
zona, si verificò realizzando quel fenomeno di fusione culturale tra la
civiltà germanica e quella sannito-latina favorita dalla mediazione
cristiana. L’invasione longobarda fu accompagnata da guerre, epidemie e
disordini vari tanto che gli abitanti di alcuni dei vecchi insediamenti
romani furono costretti a raggrupparsi nei naturali punti di difesa che
dominavano e circondavano la valle. Il primo nucleo dell’abitato fu
arroccato intorno alla Rocca Romana, sita sul monte omonimo e così detta
perché edificata dai Romani durante le guerre contro i Sanniti nel VI secolo
durante l’invasione longobarda preordinata alla nascita del Ducato di
Benevento. Le popolazioni che vi giunsero provennero dai villaggi
circostanti, in genere di formazione romana, i profughi di contrada
Tressanti e di Aequum Tuticum, in territorio arianese. Intorno al castello
sorsero le prime abitazioni che si reputa siano state molto numerose in base
a quanto riportato dallo storico padre Arcangelo da Montesarchio per il
quale in poco tempo questa fu ammirata come una delle più nobili terre del
periodo. Esse furono circondate da mura dotate di quattro torri laterali che
racchiusero la cima dell’altura mentre per la fondazione della chiesa di
Sant’Angelo avvenuta ad opera dei Longobardi e seguendo le loro
consuetudini, fu scelta un’area posta fuori le mura. Il primo documento di
età medievale che parla di Montecalvo è datato 1096 e testimonia circa la
convocazione di circa sessanta militi in questa zona per l’organizzazione
della grande crociata in Terra Santa guidata da Guglielmo il Buono. Al
ritorno dei crociati dalla Terra Santa fu fondata la chiesa si Santa
Caterina. L’origine del borgo è riferita al periodo della dominazione
normanna. |
Illustrazione del sito: |
Il ponte romano
permetteva alla Via Traiana di superare il torrente di Ginestra alla
confluenza con il fiume Miscano. Qui, nel 1970, fu trovata un'epigrafe, oggi
collocata nel museo provinciale di Avellino e corrispondente al numero di
inventario ventitre. Si tratta di un blocco di pietra (alto 130 cm, largo
cm. 87 e spesso cm. 40) che reca incisa l'iscrizione, trascritta ed
integrata da Consalvo Grella, ex direttore del museo provinciale di
Avellino, "IMP.CAESAR DIVI NERVAE F. NER VA TRAIANUS ... AU G. GERM (ANICUS)
DACICUS PARTHICUS PONT MAX TR. POT.XX IMP.XIII COS. VI P.P. VIAM
TRANSLATAMQUE IMPETU? FLUMINIS .....DESTRATUR. SUA PECUNIA IN. LOCO TUTIORE
RESTITUIT". Ruderi di maggiori dimensioni erano ancora visibili nel 1854,
quando lo storico Cirelli scriveva di "una colonna miliaria con numero XVI,
benché guasta nell'iscrizione. Tuttora (1854) noi l'abbiamo ocularmente
veduti, esistono di tal ponte i ruderi di due archi ed uno intero pilastro".
Numerose sono le testimonianze del
passato riscontrate nell’ambito comunale, tra cui si segnalano una villa
rustica di età romana, scoperta in contrada Tressanti, ed una grande
quantità di reperti archeologici, raccolti nelle località Mauriello, S.
Vito, S. Felice e Marinella. In contrada S. Spirito sono pure i monumentali
resti di un ponte di età imperiale, posto lungo la via Appia-Traiana per
attraversare il fiume Miscano. Nelle sue vicinanze è stata rinvenuta
un’iscrizione del II secolo d. C., incisa su un blocco di travertino che ne
ricorda la costruzione. Nella località Malvizza di Sopra una freccia con
peduncolo ad alette in selce, numerosi strumenti litici e rognoni scheggiati
di selce di provenienza garganica attestano una frequentazione della zona in
epoca eneolitica. In località Tre Monti è stato rilevato un insediamento del
Bronzo medio appenninico. In piazza S. Pompilio, infine, ai piedi dell’ampia
gradinata, è un blocco di pietra calcarea, di epoca romana, con incavi di
forma circolare comunicanti attraverso piccoli fori. La pietra, nota come
sèkoma e di cui esistono altri pochi esemplari scoperti finora, doveva
essere utilizzata per misure ponderarie.
Percorrendo la S.S. 414 e S.S. 90 bis
per le Puglie, bivio per Castelfranco in Miscano, a 15 km da Montecalvo
Irpino, si raggiunge la Malvizza, sconfinata distesa di terre assolate
d'estate e gelide nel periodo invernale. Essa conserva ancora il fascino di
una terra che gli antichi considerarono sacra, in quanto popolata da poteri
e da spiriti misteriosi con i quali era conveniente ed opportuno instaurare
buone relazioni. La dea Mefite, in particolare, era la personificazione
della mefite stessa , cioè del cattivo odore che fuoriusciva dalle mofete.
Queste, insieme al ponte detto dei "Diavoli" o di "Santo Spirito",
costituiscono una delle principali attrattive della Malvizza visibili in
attivi crateri di modeste proporzioni. La Mofeta della Malvizza è formata da
salse fredde, i cui strati profondi, secondo il Salmoiraghi, constano di
argille scagliose regolarmente alternate al calcare a fucoidi e brecciole
nummulitiche tuttora in stratificazione regolare. I numerosi coni eruttivi
che si aprono nell'area variano e si differenziano a seconda della stagione
e degli anni e da essi fuoriescono ad intervalli variabili bolle di idrogeno
e di fango. Gli antichi ritennero le mefiti montecalvesi, conosciute come le
"bolle della Malvizza",sede di numerosi spiriti , sia benevoli che malevoli
, che intervenivano rispettivamente in difesa o in offesa dei punti cruciali
di interesse vitale per le singole famiglie e per l'intero popolo, come la
porta della casa, il focolare, la dispensa, i campi, i confini, i boschi, le
acque. Secondo la leggenda le bolle si sarebbero formate per lo
sprofondamento, ad opera del rivale Satana (secondo altri Cristo o S.Nicola
, offesi dal perpetuarsi di tanta malvagità), della taverna di un malefico
oste che aveva l'abitudine di cucinare la carne dei suoi clienti, dopo
averli uccisi e derubati. La tradizione popolare vuole che il 15 agosto di
ogni anno si odano ancora venir su , tra il rigoglio dell'acqua , i lamenti
dell'infame sprofondato. |