Cenni storici: |
La storia di
Montesarchio ha origini molto antiche. Resti di un insediamento di età
neolitica si sono rinvenuti nell'area pianeggiante dell'attuale cittadina.
Dalla fine dell'VIII secolo a.C. in poi, si è trovata una ricchissima
documentazione dell'età del ferro, documentazione proveniente dalle
numerosissime e vaste necropoli: le zone particolarmente ricche erano la
parte bassa del paese moderno, l'area nei pressi di piazza Croce e
dell'inizio di via S. Martino, e la località Varoni. Le tombe di questo
periodo contengono dei corredi funerari che appartengono alla cosiddetta
"Cultura delle tombe a fossa della Campania settentrionale". Il rinvenimento
di una serie di avanzi marmorei ed epigrafi attesta una tradizione
plurisecolare e costituisce una prova inoppugnabile per dimostrare che nel
territorio dove attualmente sorge Montesarchio è esistita una civiltà
italica preromana. Per spiegare l'insediamento della gens caudina nel
territorio di Montesarchio, è utile risalire allo storico Antioco di
Siracusa, il quale parla nei suoi scritti dell'istituzione del ver sacrum,
cara ai popoli italici. Secondo tale istituzione coloro che nascevano nella
"primavera sacra", cioè durante la stagione che seguiva ad un anno di
carestia, divenuti adulti, venivano mandati oltre i confini del paese natìo
alla conquista di un nuovo territorio. E' quindi ipotizzabile che tale
consuetudine religiosa sia connessa all'insediamento dei Sanniti nella
Campania. Il lento movimento migratorio si sarebbe verificato intorno al VI
secolo a.C. ed una delle tribù sannitiche, i Caudini, alla guida di un
cinghiale, animale sacro, avrebbe preferito il territorio campano. Ad ogni
modo, a parte tracce di presenza abitata che risalgono al neolitico medio,
la maggior parte del materiale rinvenuto nella necropoli di Montesarchio
appartiene all' eneolitico. Si ipotizza, infatti, che esistessero contatti e
scambi commerciali di Caudium con le colonie greche della costa tirrenica,
tra il VI ed il IV secolo a.C. Si deduce, quindi, che la Caudium sannitica
godeva di una certa floridezza economica. Per quanto riguarda l'ubicazione
esatta di Caudium non esistono fonti scritte certe, tranne un passo di Livio
relativo alle Forche Caudine che però non fornisce l'esatta ubicazione del
luogo. Fortunatamente la ricerca archeologica è venuta incontro ai dubbi
degli storici e gli scavi compiuti nell'ultimo ventennio hanno confermato la
tesi che vuole Caudium dove sorge l'attuale Montesarchio. Il declino
culturale ed economico di Caudium toccò forse il fondo nel I secolo d.C.,
allorché la furia devastatrice delle orde sillane ebbe raso al suolo la
cittadina. Alla distruzione non fu interessata soltanto Caudium, ma anche
tutte le altre città appartenenti alla lega sannitica, fatta eccezione per
Benevento e per Venosa. Con i Romani Caudium rinacque e questo spiega come
mai siano tanto rare le tracce dell'antico centro sannitico. La Caudium
romana, rispetto a quella sannitica, presentava un notevole imbarbarimento
dei costumi e una diversa conformazione urbanistica. Infatti alla cittadina
primitiva, topograficamente arroccata, si sostituì un vero e proprio "castrum"
con mura e torri, costruite soprattutto in epoca imperiale. Dal periodo
della Roma imperiale ha inizio l'oscuramento dei dati storici intorno a
Caudium, che durerà fino all'avvento dei Normanni nell'Italia meridionale:
più di cinque secoli , dei quali ci sono pervenute solo notizie scarse e
frammentarie. Tutta la valle diventa, sin dal VI secolo, possedimento
longobardo. I Longobardi non tesero a soffocare le potenzialità delle
popolazioni indigene, anche se, come riportano i documenti del tempo, non
mancarono tensioni, contrasti interni e conflitti periodici con i barbari
dominatori. In quest'epoca, a seguito di invasioni barbariche, si verificò
il trasferimento delle città dalla valle verso le alture. Il Borgo
medioevale ha sicure origini longobarde, per la struttura architettonica, le
mura perimetrali ed i materiali utilizzati per la costruzione delle case.
Intanto, nel 1016, sbarcavano in Italia i Normanni. Questi avventurieri
venuti dal Nord si sostituirono ai Longobardi a partire dall'XI secolo,
lasciando a Montesarchio ed in tutta la Valle Caudina, disparate
testimonianze d'arte. Alla loro alacre opera di costruttori si deve il
parziale rifacimento, su impianto longobardo, del castello e della parte
occidentale di Latonuovo. Ai Longobardi , inoltre, si deve anche la
ristrutturazione della Torre, probabilmente già presente in epoca preromana.
Uno splendido esempio di arte normanna a Montesarchio è la chiesa di San
Nicola, originariamente composta da una sola navata, ma ampliata verso il
1730 con l'aggiunta della navata laterale. In seguito alla divisione dei
territori fra i conquistatori normanni, Montesarchio nel XII secolo fu
assegnato a Umfredo e da lui al conte Rainulfo I di Alife, cognato e
avversario di Ruggiero, re di Napoli e di Sicilia, il quale dopo lunghe e
sanguinose lotte, riuscì a strappargli il possesso. In seguito a tali
scontri il castello e il borgo medioevale, scelti da Rainulfo come
roccaforte della sua resistenza, dovettero subire notevoli danni. Il
castello fu poi restaurato un secolo dopo da Federico II, il quale, in
seguito all'assedio di Benevento, che si concluse con la resa della città
(1241), privò l'arcivescovo di tutti i beni che aveva in Montesarchio.
Manfredi, per crearsi degli alleati nei dintorni della città pontificia,
donò Montesarchio a Giacomo d'Aquino. Successivamente Carlo d'Angiò lo
assegnò a Giovanni della Leonessa, alla cui famiglia il feudo rimase fino al
1398, allorché ne fu privata perché, nella lotta tra gli Angiò e i Durazzo,
aveva parteggiato per i francesi, che erano stati sconfitti. I beni di
Montesarchio passarono nelle mani del signore di Capua, ma i Della Leonessa
ne rientrarono in possesso molto presto: infatti ne risultarono feudatari
nel 1419, sotto la regina Giovanna II. Nel 1453 Alfonso Della Leonessa,
succeduto al padre Giacomo, fu insignito del titolo di primo conte di
Montesarchio. Successivamente, però, ne fu spodestato, in quanto coinvolto
nella prima congiura dei baroni contro Ferrante d'Aragona, il successore di
Alfonso I: il territorio di Montesarchio tornò così ad essere demanio regio
per alcuni anni. Nel 1480 il paese e il feudo furono venduti a Carlo Carafa,
che ne divenne marchese nel 1496. Proprio a Carlo Carafa, nel 1480, si
dovette la costruzione del Complesso conventuale di Santa Maria delle
Grazie. Ad ogni modo a Carlo successe, nel 1514, Gianvincenzo. Durante le
guerre tra Carlo V e Francesco I, il Carafa si schierò con il re francese.
Per tali ragioni, nel 1528, Montesarchio gli fu confiscata e venne concessa
ad Alfonso II d'Avalos d'Aquino, marchese del Vasto e gran camerario del
Regno di Napoli, in remunerazione dei servizi resi, insieme al titolo di
principe. I d'Avalos furono gli ultimi feudatari del paese, conservandone il
possesso fino alla metà del XIX secolo. Un discendente di tale famiglia
concesse a Ferdinando II di Borbone lo storico castello e la torre che fu
trasformata in prigione di Stato. In essa furono rinchiusi molti patrioti
napoletani, tra i quali Pironti, Nisco e Poerio. A partire dalla fine del
Quattrocento, da piccolo borgo fortificato, il paese si trasformò in un
importante centro agricolo-commerciale con l'istituzione, nel Cinquecento,
della dogana del grano. All'aumento di importanza corrispose l'estendersi
dello sviluppo urbano, che nel Seicento si concentrò soprattutto intorno al
fulcro costituito dalla piazza del mercato. Proprio in questa piazza è
situata la Chiesa della Santissima Annunziata, fulcro dello sviluppo
seicentesco del paese in direzione della valle. Seicentesca è anche la
chiesa di Santa Maria della Purità, il cui ingresso è posto sotto un arco
che la collegava a Palazzo d'Avalos. Quest'ultimo, oggi Palazzo De Bellis, è
prospiciente la piazza del mercato e divenne la residenza della famiglia d'Avalos
quando questa abbandonò il castello, seguendo, le nuove mode ed esigenze del
momento. Nel Settecento fu completata l'espansione sul declivio del colle e
vennero occupate le zone periferiche dove si formarono le nuove aree
residenziali. La grossa espansione del centro urbano è comunque di epoca
ottocentesca e si è attuata a macchia d'olio, sia lungo una serie di
tracciati radiali rispetto a piazza Umberto I, sede del mercato, sia lungo
le arterie di collegamento con i castelli. Dai primi del Novecento fino ad
oggi lo sviluppo urbano si è localizzato prevalentemente nel piano, lungo
l'attuale via Appia, dove in particolare si sono concentrate le attività
commerciali. |
Illustrazione del sito: |
In località Masseria Foglia (Ponteligno),
nel 1924 vennero effettuati degli scavi che portarono alla luce resti di
edifici, un'iscrizione che ricorda Druso, figlio dell'imperatore Tiberio,
console nel 21 d.C.; ed una statua di marmo greco, acefala, che rappresenta
una donna ricoperta da un peplo, copia di un originale attribuito allo
scultore greco Calamide. La statua e 1'iscrizione sono conservate al Museo
Nazionale di Napoli. Sempre nella stessa località, a poche centinaia di
metri, negli anni 1975-77 si condusse una campagna di scavi che mise in luce
un lussuoso edificio, la cui parte più significativa era costituita da un
complesso termale, con pavimenti a mosaico, zoccolature di marmo e pareti
decorate con intonaco dipinto. In uno di questi ambienti venne alla luce un
trapezoforo di marmo greco a forma di sfinge, databile ancora al I secolo
a.C. La ceramica rinvenuta nello scavo dimostra un lungo periodo di
frequentazione della zona. La sequenza archeologico - stratigrafica,
sigillata da evidenti tracce di una violenta alluvione che, verosimilmente,
aveva ricoperto in antico l'intero insediamento urbano di " Caudium ", ha
restituito materiali di particolare interesse consistenti in avanzi di
decorazioni parietali, e di pavimenti, nonché di massicce parti di
rivestimenti in tegole del tetto. Rinvenuti inoltre nello scavo dei diversi
ambienti della casa numerosi frammenti ceramici di differente tipologia,
vetri e qualche moneta. Mentre gli evidenti rifacimenti delle strutture
murarie nel corso del tempo testimoniano un utilizzo degli ambienti almeno
fino al III sec. d. C., saggi in profondità eseguiti al di sotto dei piani
pavimentali hanno dimostrato una frequentazione molto più antica del sito,
risalente ad epoca preistorica.
Al periodo romano risale anche il grandioso acquedotto i cui resti, molto
ben conservati, si trovano nella frazione di Cirignano. |