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SCHEDA INFORMATIVA A CURA DI ARCHEMAIL

Comune: SALA CONSILINA (Sa)
Sito archeologico: Resti di necropoli preromane
Ubicazione: Sotto l'attuale abitato
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Salerno
Modalità di visita: Non visibile
Cenni storici:

Situata sullo sfondo della catena della Maddalena, e precisamente dei tre gioghi, Conca Grande, Popino e Sito Alto, e disposta lungo le pendici di un colle dominato da un castello, Sala Consilina si è estesa dall’alto verso il basso, in direzione della pianura, dove l’urbanizzazione si è progressivamente spostata seguendo la vocazione commerciale del paese. Lo sviluppo edilizio ha raggiunto, oggi, la frazione di Trinità. Centro amministrativo, culturale ed economico della Valle Superiore del Tanagro (detta anche Valle di Teggiano), Sala Consilina ha tolto da secoli il primato di supremazia a Teggiano (la Diano medievale) e ad Atena Lucana che tennero il predominio sulla zona in età antica. La presenza di grotte fa ritenere che vi siano state presenze umane in età preistorica, come fanno supporre alcuni resti di ceneri rinvenute nella grotta di Sant’Angelo, risalenti a circa diecimila anni fa. Una fitta campagna di scavi, condotta negli anni cinquanta, ha portato alla luce 1500 tombe, che fanno supporre la presenza di un consistente centro in età preistorica nell’attuale sito della cittadina, che vi si sarebbe sovrapposta senza lasciare tracce evidenti dello strato anteriore. I corredi tombali più antichi, caratterizzati dall’uso dell’incinerazione, sono riconducibili alla facies villanoviana della prima età del Ferro e accomunano la necropoli di Sala Consilina a quelle di Pontecagnano. Nel corso della prima metà del V secolo a. C. tende a diradarsi l’utilizzazione delle aree interessate dalla necropoli. Non si conoscono gli abitanti che fanno riferimento alle necropoli esplorate, ma è possibile supporre un diverso modo di occupare il territorio per il mutare delle condizioni di carattere politico - economico, cui probabilmente non sono estranee le sollecitazioni esterne di altre popolazioni. Del periodo romano ci sono varie epigrafi e qualche edicola funeraria. Frammenti di lapidi dedicatorie lascerebbero supporre la presenza di un tempio dedicato a Giove e di un altro a Giunone. Anche Marcellianum, centro al confine tra Sala e Padula era di origine romana. Al di là delle conoscenze che i reperti archeologici della necropoli consentono di acquisire per la preistoria, non si è in grado di individuare per l’insediamento urbano di Sala un’origine cronologicamente certa, tanto meno di seguirne con continuità l’evoluzione dall’Età antica al Medioevo. Scomparsi i centri di Consilinum e Marcellianum nel corso dell’ VIII secolo d. C. a causa di incursioni saracene, gli abitanti si sarebbero rifugiati nella parte alta di Sala, trasferendosi dalla valle paludosa e malarica sulle più salubri e sicure alture, dalle quali si poteva dominare tutta la valle sottostante, solcata dal Tanagro. Ai longobardi risale la costruzione della struttura fortificata, il Castello (castrum), della residenza signorile (curtis), nonché l’impianto della città e il culto di S. Michele. Il nucleo del Castello in varie epoche occupò tutto l’acrocoro dell’altopiano roccioso e sotto sorsero le abitazioni dei feudatari e dei signorotti locali, alcune delle quali si possono ancora oggi ammirare, pur se modificate. Nel centro storico si può leggere l’antico insediamento urbanistico che risulta sviluppato con alternanza di giardini, abitazioni, vie e giardini, in modo che ogni costruzione godeva di un impareggiabile panorama. In epoca normanna sorsero i casali di Sant’Angelo in Fonte, san Damiano, San Nicola e santa Lucia. Si ha notizia di tre porte : Portello, nei pressi della chiesa di Santa Maria, porta Gagliarda, tra Santo Stefano e Sant’Eustachio, porta la Terra, nei pressi di casa Gatta. Prima dell’avvento dei Normanni nella chiesa di Santa Maria della Misericordia si celebrava il rito greco, con essi si ritornò al rito latino. I due riti coesistettero e furono causa di dissidio in occasione delle precedenze nelle processioni. Sotto i normanni il castello fu infeudato ai Guarna, conti di Marsico. Nel 1236, passò a Guglielmo Sanseverino, che sposò Isabella Guarna. I Sanseverino tennero a lungo il dominio su Sala. Il castello, dopo aver resistito all’assedio di Federico II durante la congiura Capaccio (1246), fu espugnato dopo alcuni giorni e quasi distrutto ; fu poi ricostruito prima della morte dell’imperatore svevo anche con l’aiuto dei paesi vicini, solidali nella comune difesa del territorio già unito sotto la giurisdizione dei Sanseverino. Alla dominazione normanna risalirebbe la fondazione di alcune chiese cittadine ,quali S. Leone, Santo Stefano e Sant’Eustachio. Con l’avvento di Carlo d’Angiò, fu restituito lo stato feudale di Marsico con Sala a Ruggiero Sanseverino, suo servitore. Durante la guerra del vespro, per la fedeltà dimostrata dal conte di Marsico Tommaso Sanseverino, Sala e gli altri paesi che avevano fronteggiato gli attacchi nel 1295 e nel 1300 furono esentati dal re. Dei quattro casali di Sala, due, San Damiano e Sant’Angelo vennero concessi alla famiglia Valenzano . Giovanni Valenzano fondò a Sant’Angelo un monastero di suore di S. Bernardo e un altro monastero annesso alla chiesa dell’Annunziata sorse alla periferia di Sala. Quasi tutti i villaggi citati si spopolarono con la peste del 1348. Nel 1488 la Curia di Ferrante d’Aragona vendette la proprietà del feudo di Sant’Angelo con tutte le pertinenze all’università di Sala, che poi lo cedette a Giovanni Bigotti di Sala. A seguito della congiura dei baroni (1485) Antonello Sanseverino perdette le sue terre compresa Sala , che riuscì subito ad avere con l’aiuto del re francese Carlo VIII. Nel 1497 il castello fu nuovamente assediato dal re Federico d’Aragona che in questo modo cercava di frenare l’ennesima congiura di Antonello Sanseverino. Questi dopo tre mesi di assedio si arrese e si rifugiò a Senigallia, subito dopo Sala fu incendiata e da allora il castello non è stato più ricostruito. Per tre anni Sala fu affidata a Cesare d’Aragona, successivamente passò di nuovo ai Sanseverino fino al 1548 ; nel 1552 fu venduta al principe di Stigliano e nel 1558 passò al principe Scipione Carafa. Questi per la sua crudeltà fu barbaramente ucciso e il suo palazzo incendiato. Il fratello dei Carafa,dunque, vendette Sala alla marchesa Ippolita Filomarino, che già nel 1570 ne aveva acquistato la giurisdizione feudale. Nel 1579 Sala ottenne di diventare “baronessa di se stessa”, nel senso di città libera, dipendente come città demaniale, direttamente dal re. Nel 1629 e nel 1656 due terribili pestilenze colpirono la città. Per la qualità di città libera, per l’aria salubre e la fertilità dei campi, Sala fu scelta nel 1629 come sede dei vescovi di Capaccio, che vi rimasero fino al 1850. 

Illustrazione del sito:

La frequentazione della zona in antico è nota esclusivamente da ritrovamenti di necropoli che hanno restituito circa 2000 tombe, i cui materiali sono conservati nell’Antiquarium allestito nell’ex caserma Cappuccini. Il nucleo più antico delle necropoli si riferisce all’età del Ferro, dalla fine del IX all’inizio del VII secolo a.C.; quello più recente giunge fino alla prima metà del V secolo a.C.. Meno conosciuti e sistematizzati i ritrovamenti delle epoche seguenti, che sembrano piuttosto concentrarsi in direzione dell’attuale Padula, non distante da Sala Consilina. Le necropoli dell’età del Ferro mostrano il rito dell’incinerazione entro urne fittili di forma biconica: gli oggetti personali, di ornamento (fibule, anelli) o funzionali (armi, strumenti di lavoro) sono deposti all’interno dell’urna. Recipienti ceramici di accompagno (di forma sferoidale; brocche, tazze con anse di varia foggia) vengono invece deposti intorno all’urna, nel pozzetto che la contiene. Il materiale usato per i recipienti è l’impasto poco depurato, di colore brunastro o nerastro, la superficie del quale, più o meno lisciata a stecca, ha talvolta decorazioni incise secondo modelli lineari geometrici. Intorno alla metà dell’ VIII secolo a.C. si introduce una diversa classe ceramica: in impasto di colore chiaro, più depurato e sottile, ha all’esterno una decorazione dipinta. Ad un’iniziale monocromia (bruno opaco) segue una fase con uso del rosso e del nero aggiunti. Il motivo caratteristico è costituito da una sagoma triangolare, che richiama il profilo di una tenda: attorno a questo si hanno linee, graticci, campi uniti, linee spezzate. La ceramica dipinta è prodotta quasi esclusivamente al tornio. Le più antiche importazioni greche risalgono alla metà del VI secolo: si tratta di materiali di produzione corinzia, ai quali seguono in abbondanza “coppe ioniche”, vasi attici a figure nere e a figure rosse, bronzi e buccheri di produzione etrusca. La fonte di tali rapporti si identifica con il litorale poseidoniate e con le zone campane nelle quali giungeva il commercio etrusco. La presenza di vasi calcidesi e di recipienti in bronzo di fabbrica, forse, reggina indica rapporti con il golfo di Policastro. Non conosciamo nulla degli abitati relativi a queste necropoli: la continuità dei rapporti con l’esterno indica che gli insediamenti devono essere stati stabili e organizzati socialmente.

Note:  

IMMAGINI DEL SITO

 

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