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SCHEDA INFORMATIVA A CURA DI ARCHEMAIL

Comune: SALERNO (Sa)
Sito archeologico: Resti romani sotto San Pietro a Corte e villa romana
Ubicazione: Chiesa di San Pietro a Corte nel centro storico e località San Leonardo
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Salerno
Modalità di visita: Visitabili col permesso della Soprintendenza o rivolgendosi al Gruppo Archeologico Salernitano
Cenni storici:

La testimonianza offerta da numerosi ritrovamenti archeologici attribuiti all’età del bronzo e all’età del ferro introduce l’ipotesi di una frequentazione del territorio salernitano fin dalla preistoria. Relativamente alle civiltà preromane è significativa la notizia circa la presenza del popolo etrusco sia a Pontecagnano che a Fratte, antico centro di equivalente importanza oggi ricadente nel territorio di Salerno, luogo del ritrovamento di esempi di ceramica di lusso del tardo VI secolo a.C. e della prima metà del V secolo a.C. La prima documentazione certa dell’esistenza di un insediamento dell’inizio del II secolo a.C. avente il nome ed il sito corrispondente all’attuale Salerno è quella offerta da Livio anche se il poeta latino Silio Italico cita le truppe salernitane tra quelle impegnate ad aiutare Roma contro Annibale prima ancora della battaglia di Canne del 216 a.C., ipotizzando quindi l’esistenza di una città denominata Salerno, e probabilmente corrispondente a Fratte, già nella seconda metà del III secolo. Relativamente alla localizzazione precisa e all’estensione della città romana esistono alcune incertezze condizionate dal fatto che nessun resto monumentale dell’epoca è giunto fino a noi. Alcuni elementi che aiutino a definire il sito sono forniti dalle sue caratteristiche geo - morfologiche, che risultava piuttosto limitato dalle impervie pendici del rilievo Bonadies, dalla presenza del mare, molto più invadente rispetto ad oggi, e da numerosi corsi d’acqua. In particolare verso Est l’abitato era delimitato dal Refastia (il medievale Ribus Faustini), mentre parallelamente ad esso, più al centro, correva il più modesto S. Eremita; ad Ovest era il Fusandola (poi denominato Busanola). Secondo la testimonianza di Livio la città di Salerno nasce con la deliberazione del Senato Romano nel 197 a.C. di fondare cinque nuove colonie in Italia meridionale che assolvessero ad esigenze di carattere militare nell’ambito dei fatti accaduti nel corso del secolo precedente. Si ricorda a tal proposito che la città di Picentia, attuale Pontecagnano, durante la seconda guerra punica, si ribellò a Roma alleandosi con Annibale, per poi essere smembrata in sparsi villaggi. In relazione a tali fatti si spiega la necessità di controllare il territorio e la nascita nel 194 a.C. del “castrum Salerni” come colonia marittima di diritto romano. Secondo alcuni storici tale insediamento era situato in cima al monte Bonadies con una ipotesi avvalorata dalla notizia del ritrovamento di un idolo d’oro durante la costruzione in età longobarda del palazzo di Arechi. Vanno inoltre considerati più recenti ritrovamenti di strutture di epoca romana sotto S. Pietro a Corte e la presenza di elementi architettonici di spoglio negli edifici più antichi di Salerno tra cui il Duomo. D’altra parte in momenti diversi nel corso della sua storia ed in diversi luoghi, Salerno ha offerto copiose testimonianze, non tutte conservate, del suo periodo più antico. Tra queste si possono citare le iscrizioni rinvenute tra il XV ed il XVIII secolo, alcune delle quali presso l’attuale piazza Abate Conforti, le statue in marmo ritrovate nel XIX secolo nonché il tratto di strada lastricata presso via Tasso scoperto nel 1879 e tracce della necropoli romana, tra l’attuale piazza Sedile di Portanova ed i “Mulini”. Al nostro secolo risalgono alcuni ritrovamenti in zona del corso Vittorio Emanuele e relativi ad un mosaico, anfore ed altri oggetti in terracotta e la scoperta di tombe di epoca romana sotto la Banca d’Italia, sotto il Tribunale, presso la Stazione Ferroviaria, nella zona di via Carmine. Tracce di edifici e precisamente di una cisterna e di una villa sono stati rinvenuti in aree periferiche e rispettivamente presso via Monti e a Torre Angellara. Infine non si può non far cenno al vero e proprio centro storico di Salerno, dove convenzionalmente viene individuata la localizzazione della città antica, dove sono stati rinvenuti resti di edifici con archi sostenuti da colonne in laterizio, pavimenti ed opere di canalizzazione, oltre che statue e tombe. Essendo sorta come città militare, la Salerno romana era sicuramente fortificata; non è un caso che uno dei campi su cui si sono maggiormente battuti gli studiosi è quello delle mura della città romana sulla cui estensione esistono solo delle ipotesi tra cui, una è quella più accreditata. Il problema delle murazioni romane risulta importante in quanto implica l’identificazione dei limiti dell’abitato antico ed anche delle sue strade e delle sue porte. A ciò bisogna aggiungere il fatto che le fortificazioni Romane erano considerate alla base delle cinte di epoca posteriore, specialmente di quella Longobarda. Come punto di partenza in tutte le diverse ricostruzioni, viene preso il luogo dove è il Castello di Arechi; poi, seguendo le pendici del monte Bonadies, le mura sarebbero giunte presso la Medievale Porta Respizzi, in cima a Via Dei Renzi. Da questo punto le mura, dopo aver toccato il largo Scuola Salernitana, sarebbero giunte alla Porta Nucerina, all’estremità occidentale di Via Tasso. Costeggiando il ciglio della scarpata a sud di Via Tasso, fino ai Gradoni della Madonna della Lama, sarebbero scese fino al lato superiore di Largo Campo per poi proseguire verso est lungo Via Dogana Vecchia, Via Mercanti ed arrivando a Via delle Botteghelle. Da qui, sarebbe iniziato di nuovo il tratto ascendente della fortificazione, toccando Porta Elina e Porta Rotese e quindi dirigendosi su per la collina sul Monte Bonadies. Importante fu per Salerno la vicinanza ad una delle più importanti strade del mondo romano, la Capua - Reggio che pare fosse addirittura passante per la città e corrisponde a quel tratto di strada lastricata rinvenuta in via Tasso. Pertanto tale strada con andamento Est - Ovest costituirebbe il decumano massimo che collegava Porta Nucerina, e piazza Conforti ove era ubicato il Foro. Un secondo, minore, decumano correva parallelamente mentre con andamento quasi ortogonale erano due cardini corrispondenti alle attuali via dei Canali e via Duomo. Un altro elemento problematico è quello relativo all’esistenza nella Salerno romana di un porto o comunque di un approdo collocato forse alla foce dell’Irno o presso l’attuale Teatro Verdi in corrispondenza di una piccola insenatura. La caduta in disgrazia dei centri romani e le successive invasioni barbariche non risparmiarono Salerno che nel V secolo subì dapprima i Visigoti e poi i Vandali; la guerra gotico - bizantina influì ulteriormente sullo stato di queste zone, catastrofico fino all’arrivo dei Longobardi. Questi ultimi che nel VI secolo avevano già conquistato ed eletto a ducato Benevento, si spinsero verso Salerno solo nel 640 anno in cui avvenne la conquista pacifica della città che nel 646 fu inglobata nel ducato di Benevento. Nel 757 fu posto a capo del ducato Arechi II , sposo di Adelperga, figlia del deposto re Desiderio e noto per aver autonomamente elevato il proprio status attraverso la consacrazione vescovile, la attribuzione delle insegne del potere sovrano e delle capacità autonome di legiferazione. La figura di Arechi è particolarmente legata a Salerno ove scelse di stabilire la sua residenza, forse convinto dalla favorevole posizione difensiva, per la posizione tra Pesto e Nocera e della strada Capua - Reggio. Tale decisione fu forse condizionata oltre che dalle necessità difensive, dalle esigenze opposte di espansione dei propri domini e di osteggiare Roma, raggiunta dall’esercito di Carlo Magno nel 787. I rapporti con il re franco furono complessi giacché Arechi tentò dapprima una trattativa proponendo la sua sottomissione a patto che egli si mantenesse lontano dal ducato. Al primo tentativo, conclusosi con la presa in ostaggio dell’ambasciatore Romualdo, figlio di Arechi, e con il ritorno di quest’ultimo presso il rifugio di Salerno, ne seguì un secondo che ebbe maggior successo e che fu sancito proprio con la pace firmata a Salerno. Al principe Arechi II è attribuita una vera e propria rifondazione della città. Le prime trasformazioni apportate riguardarono la realizzazione di opere di fortificazione e di un Palazzo con annessa la chiesa palatina dei SS. Pietro e Paolo. Posto a metà della collina Bonadies, il Castello di Arechi sorge dall’ampliamento dell’antico castrum romano; esso si estendeva nella parte bassa della città lungo il mare, occupando l’area tra via Roma a sud, via porta di Mare ad ovest, vico Adelberga a nord, vicolo Corte Antica o più avanti vicolo della Neve ad est. Il limite nord del palazzo è il più sicuro perché delimitato dalla cappella palatina, oggi S. Pietro a Corte. Circondato da una possente cerchia muraria l’impianto ha pianta quadrata e torri ai quattro angoli, collegate tra loro e con una torre centrale attraverso ponti e camminamenti; sorto su resti di edifici romani, la loggia dalla quale il principe si affacciava verso il popolo, è a tre archi, e l’arco centrale, quello che inquadrava il principe, è tagliato tra colonne e capitelli di spoglio. La loggia è incorporata e visibile nella controfacciata della chiesa superiore di S. Pietro in Corte, già chiesa palatina di SS. Pietro e Paolo. Tale chiesa non fu costruita ma istituita, utilizzando locali già esistenti. Infatti dove è S. Pietro a Corte, vi erano ambienti di un edificio romano, dove vi è la tomba di Socrate del V sec. . Si può pensare che Arechi costruì l’ultimo livello della chiesa, dedicato a SS. Pietro e Paolo, ed è qui che sono visibili della loggia. Condannato a partire dal XVI secolo ad un destino di abbandono l’edificio è stato recentemente restaurato e destinato a sede del Museo Storico Salernitano e a spazio per manifestazioni culturali e turistiche. Lo schema planimetrico di Salerno, di tipo radiocentrico, andò ampliandosi nel periodo longobardo con la creazione intorno al Castrum originario di quattro quartieri legati all’ampliamento delle mura: l’Hortus Magnus ad Est, il quartiere Intermurum et Muricinum a Sud, il Vicus di S. Trofimena ad Ovest ed il Plaium Montis a Nord. L’Hortus Magnus comprendeva la zona ad oriente del Duomo, tra Via Arce, Via Velia e l’incrocio con Via S. Benedetto. Il Plaium Montis invece, era delimitato dal Fusandola ad Occidente, da Via Tasso a Sud, dai Gradoni di S. Maria della Mercede e di Montevergine ad est, dalla Via di S. Maria della Consolazione e da un muro a Monte S. Nicola della Palma. Alla notizia dell’invasione della Longobardia da parte di Carlo Magno, nel 787 Arechi, temendo lo scontro poi evitato, dispose affinché si migliorasse la fortificazione. Intanto la città fu eletta sede di Diocesi e pertanto ebbe la sua prima cattedrale ove, in quello stesso anno furono sepolti sia Romualdo che Arechi. Rimase al governo la vedova Adelperga fino al ritorno dall’esilio dell’altro erede, Grimoaldo I, la cui liberazione fu concessa da Carlo Magno in cambio della promessa della demolizione della mura. Ma la promessa non fu mantenuta e, come riporta una leggenda, pare che Grimoaldo facesse demolire le opere di giorno e le ricostruisse di notte. Difatti risulta che egli migliorò ulteriormente il sistema delle fortificazioni in cui fece arretrare il muro orientale, ridurre in altezza il muro occidentale detto “il muricino” mentre ne fece innalzare un altro che costituì la difesa verso il mare. Antagonista di Pipino il Breve, figlio di Carlo Magno, Grimoaldo morì nell’806 e trovò anch’egli dimora nella cattedrale. Al periodo del suo governo risale anche la fondazione del Monastero di S. Benedetto. Fondato secondo alcuni sul finire del sec. VIII, il convento è ora irriconoscibile perché adibito a sede del Distretto Militare; la chiesa invece è stata restaurata. Il monastero fu soppresso nel 1811; la chiesa fu trasformata in teatro. Quando già funzionava il nuovo Teatro Verdi, S. Benedetto era noto come Teatro Vecchio. Del quadriportico che precedeva la chiesa rimane un frammento inserito nella sistemazione del Museo Provinciale. L’ingresso alla chiesa è preceduto da un pronao a tre archi su colonne di spoglio. L’interno a tre navate, presenta la navata centrale terminante senza transetto in un’ampia abside semicircolare. Per portare acqua al convento fu costruito il celebre acquedotto di Salerno, oggi visibile nella sua parte più nota su via Arce. Durante il seguente governo di Sicardo, nell’inverno dell’839 Salerno dovette ospitare una parte degli Amalfitani che vi furono trapiantati dopo la conquista della città; alla morte del principe, nell’estate dello stesso anno, questi insorsero saccheggiando e incendiando parte della città dopodiché fecero ritorno ad Amalfi. I seguenti conflitti dinastici tra Siconolfo e Radelchi si risolsero nell’848-849 con la divisione del ducato e la nascita di Salerno come Principato indipendente. Ad esso furono riconosciuti il territorio della fascia costiera esclusa Amalfi, Capua, parte della pianura campana, la Calabria settentrionale e la Puglia fino a Taranto. Alla sua morte, avvenuta per un incidente di caccia nel 851, Siconolfo lasciò come erede il minore Sicone. Quando questi fu allontanato con un pretesto, l’imperatore Ludovico II nominò principe di Salerno il figlio di Pietro, reggente di Sicone, tale Ademario. Con l’elevazione anche di Pietro, Salerno si trovò ad avere tre principi e così fu fino alla morte di Pietro e di Sicone, rimanendo così il solo Ademario. Nel l’861, di ritorno dall’esilio, Guaiferio assalta il palazzo imprigionando Ademario e nominandosi nuovo principe. Gli anni in cui avvennero queste successioni furono caratterizzate dalle lotte contro i Saraceni che avevano attaccato Salerno già nell’851. Nell’871 Guaiferio, avvertito di una ulteriore imminente spedizione saracena, preparò la difesa dando anche un definitivo assetto alle fortificazioni longobarde. Nell’872 alla notizia della vittoria riportata da una spedizione franca a Capua e Benevento, anche i Saraceni di Salerno decisero di levare l’assedio. Durante il governo di Guaimario I, subentrato al padre Guaiferio, Salerno andò soggetta al pericolo bizantino, affrontato con l’aiuto di Guido da Spoleto a sua volta interessato alla conquista di Benevento. Sarà proprio quest’ultimo a liberare Guaimario accecato ed imprigionato da Adelferio, gastaldo di Avellino. Tornato così a Salerno, Guaimario fu dopo pochi anni deposto e sostituito dal figlio Guaimario II, artefice tra l’altro del restauro del Palazzo e dell’edificazione di un nuovo campanile per la chiesa di S. Pietro. Alla sua morte succede il figlio Gisulfo I distintosi per aver assunto il titolo di patrizio imperiale. Rinchiuso nel Palazzo da Landolfo di Conza, proclamatosi principe, Gisulfo rientra nei suoi poteri grazie a Pandolfo Capodiferro che sarà, alla sua morte, il nuovo principe. Essendo anche principe di Capua e Benevento, marchese di Camerino e di Spoleto, Pandolfo riuscì idealmente ad unificare la Longobardia minore. Alla morte di Pandolfo Salerno assistette dapprima all’occupazione da parte del duca di Amalfi Mansone I con la proclamazione a principe, poi all’insurrezione dei salernitani con la proclamazione del conte Giovanni di Lamberto. Alla sua morte fu la volta di Guaimario IV e di Guaimario V; quest’ultimo fu artefice di una notevole estensione del Principato che venne a comprendere Capua, i ducati di Amalfi, Sorrento, Gaeta e si fregiò del titolo di duca di Puglia e di Calabria. Guaimario cadde vittima di un complotto nel 1052. Dal punto di vista urbanistico la prima metà del secolo IX corrispose all’assunzione di un assetto planimetrico che rimase pressoché invariato fino all’inizio dell’XI secolo, inglobando il “pian del monte” nella cinta urbana. Ad essa si aggiunsero le porte Respizzi e Nocerina ad Ovest e la Rotese ad Est che divenne il punto nodale dell’impianto viario, con la riapertura al traffico della via Reggio - Capua e la creazione del mercato. Un polo di sviluppo dell’espansione in questo periodo fu la Chiesa di S. Massimo con annesso palazzo nobiliare di Guaiferio. Le successive altre chiese furono edificate nello stesso quartiere nel corso del X e dell’XI secolo: esse furono S. Lorenzo, S. Maria De Alimundo, S. Sofia, S. Nicola della Palma, S. Maria Monalium, la chiesa del Crocifisso. La chiesa di S. Massimo, fondata nell’865 dal principe Guaiferio, è l’esempio dell’importanza e l’interesse con cui il potere laico locale guardasse gli ambienti ecclesiastici in una società come quella salernitana in cui il possesso fondiario ecclesiastico era un punto di convergenza ed aggregazione delle energie sociali del mondo contadino, e non solo. S. Massimo nacque per spontanea iniziativa del principe, come chiesa privata e fu il primo insediamento monastico alle falde del Monte Bonadiei. La chiesa del Crocifisso, denominata nel 1219 S. Maria di Portanova, nel sec. XVI S. Maria della Pietà e a partire dal 1879 Chiesa del Crocifisso con l’interno a pianta basilicale a tre absidi e tre navate scandite da colonne di spoglio, sormontate da archi a tutto sesto in muratura listata, testimonia la sua fondazione antica (sec. X-XI). Nella cripta , si notano affreschi datati alla fine del secolo XIII da Ferdinando Bologna. Della crocifissione, nella quale è possibile scorgere richiami a Cimabue e Giottpo, è stata realizzata nel 1961 una copia integrale a mosaico che occupa tutta l’abside centrale della chiesa superiore. L’espansione, contenuta entro le mura e intorno alla città antica, avvenne probabilmente in tre fasi: la prima (metà del IX- metà del X secolo) relativa all’urbanizzazione della zona a monte di S. Massimo e verso la Porta di Respizzi; la seconda (metà del X secolo) con l’edificazione della parte centrale; la terza (prima metà del XI secolo) con la realizzazione del collegamento con il preesistente quartiere meridionale. Le premesse all’affermazione del dominio normanno furono costituite dai contrasti sorti da Gisulfo II, figlio di Guimario e Roberto il Guiscardo, sposo della sorella Sichelgaita. Nel 1076 Roberto iniziò le sue operazioni contro Salerno bloccando dal mare la città e l’assediò costringendo Gisulfo alla resa, favorito da qualcuno che tradì il principe longobardo indicando una facile vie d’entrata. Data anche la condizione famigliare di Roberto, la conquista normanna non si pose come una sovrapposizione ma piuttosto come fusione permettendo ad esempio il mantenimento di parte dell’assetto governativo longobardo. In tale situazione Salerno si trovò ad essere la capitale di un vasto ducato comprendente Campania, Puglia e Calabria e caratterizzato da un alto grado di prosperità. Un evidente segnale fu l’impegno assunto dal Guiscardo nell’edificazione del nuovo monumentale Duomo di San Matteo. D’altronde il legame di Roberto con la Chiesa era stato già dimostrato dalla presenza a Salerno di papa Gregorio VII che vi si era rifugiato a causa dei contrasti con l’imperatore Enrico IV. Il Duomo di Salerno fu edificato nel 1076-85 sull’area della precedente chiesa e nel corso dei secoli subì alcuni interventi su cui prevalse il rifacimento settecentesco per essere poi ripristinato nelle sue originali forme con vari interventi intorno alla metà del Novecento. L’edificio prospetta sull’antistante piazza Alfano I con la facciata anticipata da un ampio atrio (m.36 x m. 33) circondato da un portico con archi a tutto sesto poggianti su antiche colonne, sovrastato da una elegante loggia a pentafore e bifore decorata con motivi ad intarsio policromo in calcare bigio e tufo giallo e nero. Il portico ospita numerosi sarcofagi romani e medievali. L’interno caratterizzato da poderose dimensioni (m.82 x m. 43) è suddiviso in tre navate da poderosi pilastri che inglobano le antiche colonne monolitiche in granito; la pianta è terminata da un transetto triabsidato posto in posizione obliqua rispetto all’asse del piedicroce. Tutta quest’area risulta rimaneggiata dai consistenti interventi del Settecento che comportarono, inoltre, la perdita della decorazione musiva longobarda. L’interno del Duomo risulta altresì di sommo interesse per il grande numero di opere d’arte in esso contenuto tra cui due magnifici amboni medioevali in fondo alla navata, il candelabro per il cero pasquale, rivestimenti musivi, ed i numerosi monumenti sepolcrali tra cui emerge quello della regina Margherita di Durazzo. Il complesso del Duomo è completato dall’ampia Cripta secentesca, impreziosita da marmi policromi e dagli affreschi di Belisario Corenzio sulla volta, e dal Campanile romanico, accessibile dall’atrio, alto 56 metri, sviluppato in tre ordini di bifore ad archi rialzati e in un coronamento cilindrico e decorato da archetti intrecciati policromi e da una fascia di rosoni. Altra notevole opera architettonica legata al nome del Guiscardo fu il palazzo regale di Castel Terracena, simbolo dell’accordo raggiunto tra la nuova dinastia ed il potere religioso e purtroppo non più esistente se non nei resti delle case-torri sovrastanti lo slargo di piazzetta Cerenza. Dal 1090 duca di Salerno fu Ruggero I a cui succede il figlio Guglielmo II. Alla morte di quest’ultimo il gran conte Ruggero reclamò i diritti di successione e dopo alterne vicende ed il riconoscimento dei diritti, poi revocati, alla città, prese possesso del castello nel 1129. E’ a Salerno che Ruggero si fece riconoscere l’autorità regia cui seguì lo spostamento della capitale a Palermo ove fu incoronato re di Sicilia. Salerno riuscì comunque a mantenere un importante ruolo testimoniato dall’intrapresa di numerose opere e la nascita di istituzioni. Possono essere ricordate al proposito la costruzione del porto legata all’intensificarsi dei traffici, l’istituzione del Liceo ove insegnò anche Tommaso D’Aquino, l’emanazione delle Assise nel 1140, lo sviluppo della famosa Scuola Medica, istituzionalizzata più tardi con la facoltà di rilasciare diplomi di laurea da Federico II di Svevia. La dinastia normanna si unì a quella tedesca con il matrimonio di Costanza, figlia di Ruggero II, ed Enrico VI di Hohenstaufen cui Matteo D’Aiello vicecancelliere e guida politica del Regno dal 1172 fu particolarmente ostile. La somma delle ostilità, culminate con la prigionia cui fu sottoposta la moglie Costanza, comportò la decisione da parte di Enrico di punire la città la qual cosa fu messa in atto con il saccheggio dell’agosto 1194 al termine del quale la lasciò a Diopoldo, castellano di Roccadarce. Quest’ultimo mantenne il castello anche con l’assalto del 1204 (l’anno seguente si rese artefice di un ulteriore saccheggio, facendo grande strage di Salernitani) fino a che nel 1210 non lo cedette all’imperatore Ottone IV. . 

Illustrazione del sito:

Per la descrizione degli edifici romani a San Pietro in Corte e della villa romana in località San Leonardo si veda il sito internet  www.gruppoarcheologicosalernitano.com

Note:  

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