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SCHEDA INFORMATIVA A CURA DI ARCHEMAIL

Comune: TEGGIANO (Sa)
Sito archeologico: Abitato romano e diverse strutture
Ubicazione: Varie località indicate nel testo
Ente di riferimento: Soprintendenza Archeologica di Salerno
Modalità di visita: Liberamente visibili
Cenni storici:

Avvolta in uno scenario incantevole, la cittadina di Teggiano sorge su di una collina che si affaccia sulla circostante pianura attraversata dal corso del Tanagro, offrendo al visitatore una meravigliosa vista dell’intera vallata, dove campi coltivati e squarci di natura selvatica si alternano in un caratteristico gioco di colori. La località è, tra i centri della Valle, quella che ha meglio conservato la sua antica immagine di roccaforte medioevale; periodo storico durante il quale, per volere della famiglia feudale dei Sanseverino, fu un importante centro di potere. Le origini di Teggiano risalgono, però all’antichità classica, il suo insediamento è infatti tra i più antichi ed è da ascriversi, molto probabilmente, all’epoca di diffusione della cultura greca nel Vallo di Diano. Le informazioni a tal riguardo provengono dalla necropoli di Sala Consilina, il cui materiale archeologico testimonia la presenza di quell’insediamento già a partire dall’età del ferro (IX secolo a.C.). Considerando l’esistenza delle cinte megalitiche di Atena Lucana e di Consilinum, è da ritenere che l’origine di Teggiano risalga ad un’epoca precedente a quegli insediamenti, ma successiva al consolidarsi dei Centri orientali. Grazie all’esame dei blocchi dell’antica cinta muraria e dello stesso impianto urbanistico, è stato possibile riferirsi ad un periodo avanzato della cultura greca, molto vicino a quello della dominazione lucana e romana. Non è possibile, però, sostenere che fino alla dominazione romana, alla sinistra del Tanagro non esistesse alcuna presenza umana e che i Romani fossero interessati alla fortificazione di una città come Teggiano, quando in realtà dovevano occuparsi dello smantellamento di tutti i pericolosi sistemi difensivi dei Lucani. Tra le altre cose i Romani si preoccupavano soprattutto del recupero delle risorse economiche della vallata (come conferma l’Elogium di Polla); prosciugando le acque, centuriando i terreni ed affidando questi ultimi agli agricoltori più fedeli a Roma: i Pontini. D’altra parte non v’è alcun dubbio che fu proprio questa popolazione a dare all’antico centro abitato, arroccato sulla collina, il nome di Tegianum, trasformato nel IV secolo per corruzione linguistica in Diano (da qui il nome dell’omonimo vallo). Solo a partire dalla seconda metà dell’Ottocento (1862) venne ripristinato l’antico toponimo: Teggiano. La cittadina, contrariamente agli altri centri del Vallo, sorse non accanto, ma sulle antiche strutture difensive (già esistenti nel IV secolo a. C.). Ciò è dimostrato dai resti di mura in grandi blocchi, inglobati in edifici successivi, presenti nel centro storico. La ricostruzione del circuito delle mura ci è stata possibile sia per la posizione dell’antica porta della città, la Porta dell’Annunziata, che per le torri dell’antica cinta muraria. Lo stesso impianto urbanistico di Oppidum romano, nel quale si è voluto sottolineare la pianta del Cardo e del Decuman,o non esclude, nonostante le trasformazioni subite, una matrice ortogonale più antica e più complessa. La storia medioevale di Teggiano, segnata dalle devastanti invasioni barbariche e saracene, non ci rende note le tappe evolutive dell’insediamento in quel periodo, finché con la dominazione longobarda e normanna esso non riacquista consistenza ed importanza tali da farlo divenire prima sede del “Gastaldato” e poi sede ufficiale dei Conti di Marsico. Con questi l’antica Diano, già a partire dall’ XI secolo, iniziò ad espandersi consolidando il suo dominio con i quattro casali di Sant’Arsenio, San Rufo, San Pietro Sassano e Monte San Giacomo con i quali costituì il cosiddetto Stato di Diano. Diano manterrà la preminenza sugli altri centri della Valle fino al Cinquecento, quando se la vedrà contendere da Sala. La successione delle famiglie feudali in questo territorio è molto articolata: assegnata ai Conti Guarna fino alla metà del XIII secolo, la città venne fortificata in epoca normanna e successivamente concessa alla famiglia dei Sanseverino, che la detennero fino alla prima metà del XVI secolo. Dal Duecento in poi con i Sanseverino, Teggiano, grazie alla sua posizione geografica, divenne un centro di potere e modificò il suo assetto urbanistico e monumentale commissionando cicli d’affreschi, pale d’altare, gruppi scultorei ed opere di gran pregio a famosi artisti della capitale come: Melchiorre da Montalbano, Giovanni da Nola ed Andrea da Salerno. E’ questa la fase più importante per l’evoluzione dell’insediamento teggianese, fu in questo periodo infatti che la città moltiplicò i suoi edifici civili e religiosi la cui massima espressione si raggiunse con l’erezione del castello rinascimentale. Nel basso Medioevo, infatti, l’abitato mentre all’esterno assumeva l’aspetto fiero e un po’ tetro dei luoghi fortificati, all’interno veniva acquisendo una connotazione di tipo monumentale, poiché alle antiche chiese parrocchiali (Santa Maria Maggiore, Sant’Andrea, San Pietro, Sant’Angelo e San Martino) si affiancarono ben cinque complessi monastici: il monastero femminile di San Benedetto, quello di Sant’Agostino, il convento di Santa Maria Annunziata dei Celestini e due conventi francescani (di San Francesco dei frati Minori Conventuali e quello di Santa Maria della Pietà dei frati Minori Osservanti). C’erano poi altre chiese, cappelle ed istituti caritativi retti da ordini religiosi. L’esistenza di un numero così elevato di costruzioni sacre esprime la religiosità dei cittadini, i quali mantenevano in vita decorosamente queste istituzioni con donazioni e lasciti testamentari. Le donazioni si infittivano particolarmente in occasione di eventi calamitosi, come accadde dopo la peste del 1348. Il più emblematico degli edifici civili teggianesi è il Castello; molte sono le ipotesi formulate sulla sua fondazione: alcuni sostengono che la sua costruzione fu iniziata da Ladislao di Durazzo, re di Napoli, agli inizi del Quattrocento per creare una solida difesa contro i Sanseverino. Altri invece credono che in realtà il Castello fu edificato nel 1285 nella parte più alta del paese, dalla nobile famiglia dei Sanseverino che la elessero roccaforte e sicuro rifugio. Il maniero teggianese, contrapposto a quello di Sala, giocava un ruolo strategico nel controllo della Valle del Tanagro, attraversata dalla strada di accesso alla Basilicata ed alla Calabria. Il sistema difensivo della città, era completato da numerose torri, molte delle quali sono andate distrutte o incorporate in edifici successivi. Proprio nel Castello rinascimentale dello Stato di Diano, Antonello Sanseverino insieme ad altri feudatari della zona, iniziò a tramare una sorta di sommossa fiscale contro la Corona aragonese, che dopo qualche tempo sfociò nella famosa Congiura dei Baroni (1485) che si concluse con l’assedio di Diano da parte di re Federico, sostenuto da un potente esercito. L’assedio di Diano, strenuamente difeso dal Sanseverino e dalla popolazione locale, fu lungo e doloroso, esso dimostrò la grande capacità difensiva della città, ma dopo tre mesi di resistenza (17 dicembre 1497), “più per le lusinghe e le promesse che per la forza”, Antonello decise di capitolare. L’evento è corredato da un’ampia documentazione archivistica e bibliografica. Fu questo il segno premonitore del declino della potenza di Diano e della sua progressiva decadenza economica e sociale. Dopo i Sanseverino, durante la dominazione spagnola e quella borbonica, Diano e i suoi Casali subirono un processo di compravendita vorticoso che vide in successione il dominio del Principe di Stigliano, di Gomez de Sylva (vescovo di Eboli), dei Grimaldi di Genova, dei Caracciolo di Brienza, dei Villano de Polla, dei Colonna di Corbara e dei Kalà (nel 1652) che lo mantennero fino al 1801, quando passò a Vincenzo Schipani sino all’eversione della feudalità nel 1806. Alla fine del XVI secolo Teggiano era così nota come centro spirituale e culturale che fu fatta residenza ufficiale dei vescovi di Capaccio. Nel Seicento anche Teggiano dovette sopportare le conseguenze dei due eventi che scossero il Regno di Napoli: la rivoluzione del 1647 e la pestilenza del 1656. Iniziò così una fase di depressione economica dalla quale il paese uscì soltanto nella seconda metà del ‘700. Di lì a poco ebbe inizio il convulso periodo di agitazione politica che vide succedersi gli avvenimenti connessi con la sfortunata Repubblica Napoletana, i moti risorgimentali ed infine il raggiungimento dell’Unità d’Italia, per il quale obiettivo si erano adoperati due illustri teggianesi;: Vincenzo Dono e Giovanni Matina. Subito dopo l’unificazione, anche a Teggiano, si manifestò l’esodo di un gran numero di cittadini verso le Americhe, che continuò con ritmo sostenuto fino allo scoppio della prima guerra mondiale. Al termine del ventennio fascista le gravi condizioni della popolazione del luogo, dedita esclusivamente ad un’agricoltura di sussistenza generò un nuovo fenomeno di emigrazione verso l’Europa e l’Italia Settentrionale. Solo nel 1951, Teggiano ritorna ad essere, dopo Sala Consilina, il centro più popoloso dell’intero Vallo. Nelle vicende del XX secolo lo svolgimento dell’attività primaria aveva intanto introdotto dei profondi mutamenti nel secolare assetto del territorio, provocando un rapido slittamento a valle dell’insediamento, alla ricerca di un contatto immediato con le terre da coltivare. 

Illustrazione del sito: Si ha la certezza della origine romana di Teggiano dalle tante monete rinvenute con le lettere "R.T." (Repubblica Tegianensium), sul rovescio, dalla famosa pietra sepolcrale "C. Tegianensis Syneros-Et Helena sibi et suis", nonchè da numerosi reperti romani rinvenuti. Tra essi ricordiamo l'antico ponte, affiancato da quello nuovo, che si presenta con una sola campata. Esso è stato costruito con blocchi di pietra disposti irregolarmente, mentre i conci dell'arcata sono squadrati; il fondo stradale è in acciottolato irregolare. Nell’odierno nucleo urbano troviamo reimpiegate tra le murature di molti edifici pubblici e privati materiali architettonici di epoca romana, iscrizioni, capitelli, edicole funerarie. Visibile in prossimità di via Matteotti e presso il castello medievale, nella parte più alta del colle, anche brevi tratti di una struttura in grandi blocchi disposti in opera poligonale pertinenti alla cinta fortificata preromana. In via Roma si prospetta la parte absidale della cattedrale che presenta incastonate nelle sue murature una teoria di edicole funerarie di epoca lucana e romana, mentre all’interno dell’edificio si conservano altri frammenti marmorei di sculture e iscrizioni dello stesso periodo. Due are e una base onoraria sono reimpiegate anche nelle murature del ritiro dei Francescani Conventuali, mentre la Chiesa di S. Pietro ricorda, con la posizione alta del suo pronao, l’impianto di un tempio romano. Al suo interno è stato allestito il Museo Civico che vede esposti numerosi materiali architettonici, iscrizioni, sculture e rilievi di epoca romana. Lungo la salita Corpo di Cristo, fiancheggiano il portale di un palazzo signorile due edicole funerarie di età imperiale. Altri materiali architettonici, tra cui un capitello figurato (un altro dello stesso genere si conserva nel locale Museo Civico), si osservano sulla facciata della chiesa di S. Andrea. Blocchi squadrati sempre di epoca romana sono reimpiegati presso la Porta dell’Annunziata, la più antica porta della città. In via Roma è una base lapidea risalente al periodo romano che celebra la nomina, per decreto dei Decurioni, di Flavio Severo come esattore dell' Impero. L' iscrizione riporta la seguente frase: (FLAVIO) SEVERO AUG(USTO) PUBLICE D(ECRETO) D(ECURIONUM) / P(UBLICA) P(ECUNIA). Essa è collocata nei pressi del sedile medioevale, all' interno di una piccola nicchia arcuata a sesto ribassato nella parte superiore, e posta su di un muretto realizzato in blocchi di pietra dal taglio irregolare.

In località San Marco, situata ai piedi della collina, sono state scoperte nel 1977 alcune tombe a fossa del IV secolo a.C. che hanno restituito un ricco corredo funerario. Tra i reperti recuperati sono un’olla acroma deposta sempre ai piedi ed un complesso di materiali sistemato lungo i fianchi costituito da due alari, un candelabro e un gruppo di spiedi spesso legati insieme, in alcuni casi di piombo, in altri di ferro. Questi oggetti erano un segno di distinzione sociale e nel IV secolo a.C. alludevano proabilmente alla funzione dell’oikos. Una delle sepolture si distingue dalle altre perché accanto all’olla aveva ai piedi un altro gruppo di vasi costituiti da un’hydria, un’oinochoe, uno skyphos e una lekane, probabilmente un servizio da mensa; aveva inoltre numerose fibule deposte sul petto del morto e, tra gli oggetti che si trovavano al fianco, una grande quantità di terrecotte miniaturistiche che rappresentano cibi e prodotti della terra. Molti dei vasi a figure rosse recuperati da questo gruppo di tombe rivelano caratteristiche proprie che hanno fatto pensare all’esistenza di officine ceramiche nel Vallo di Diano, a cui questi vasi sono stati collegati e pertanto attribuiti da Trendall proprio ad al “Pittore di Teggiano”. Nella stessa località, oltre a un mosaico pavimentale rinvenuto nella chiesa parrocchiale, esistono numerose steli funerarie, iscrizioni e i resti di un ponte romano sul torrente Buco, affluente del Tanagro. Il ponte presenta una sola arcata a tutto sesto e mostra le strutture in opera cementizia con paramento in oepra incerta costituita da ciottoli fluviali e pietre calcaree di varia pezzatura. Superiormente è il passaggio lastricato con pietre e ciottoli fluviali di varia dimensione. Anche nella località S.Giovanni sono segnalati ritrovamenti di reperti archeologici di epoca romana.

Note:  

IMMAGINI DEL SITO

 

 

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